Essere e non apparire...

E' il mood del ristorante “Brutti di Mare” poichè si sa, cozze, ostriche e fasolari non rappresentano certo la perfezione estetica.
Da noi quello che si esalta è l’ essenza dei frutti di mare, il sapore unico e la preziosità che racchiudono nel loro guscio, in un’atmosfera un pò retrò, dove prevale l’importanza per la materia e lo scenario del mare, il legno delle barche, il metallo, luci soffuse e calde e dove si narrano storie come se a parlare fossero i “brutti” frutti del mare.
Siamo il frutto della voglia d’avventura dei 2 soci "Brutti di Mare", Mirko e Valentino, vecchi amici e professionisti del mondo del catering (Wip Italia) e nell’organizzazione di eventi.
Tutti e due provenienti da terre marinare noi Brutti abbiamo voluto portare il sapore del mare a Milano, aperti da settembre 2016 nella dinamica zona della Darsena, con un concept nuovo di degustare il pesce.
Nuovo per la presenza di un Centro di Depurazione frutti di mare posto al piano di sotto che garantisce freschezza, qualità e sicurezza ai pregiati molluschi e per la presenza della pescheria per la vendita al dettaglio. Un'innovazione unica in Lombardia, che ci porta ad essere eccellenza nel trattamento e somministrazione dei frutti di mare.
La Compagnia dei Brutti di Mare è il ristorante-pescheria sempre aperto, dalle 12.00 alle 24.00, perchè in ogni momento è possibile degustare cruditè.
Proponiamo durante la settimana pranzi con menù del giorno o alla carta. Se richiesto prevediamo menù di degustazione con le proposte del nostro Chef musicista Dario Lanciano. Il menù serale esalta la cucina italiana e gli accostamenti particolari, con aromi, spezie e liquori raffinati e delicati, in grado di valorizzare il gusto della materia proposta.

“Lasciatevi andare a noi...

a un apparente brutto che cela l’essenza di un frutto,
a un oscuro e informe guscio che senza nessun trucco saprà dare giustizia al gusto, regalando equilibrio tra anima e senso.”  Ci evitavano tutti, solo il mare ci accolse. Nel tempo si prese cura di noi, modellandoci nell’aspetto e nell’essenza, svelandoci i suoi tesori e permettendoci di scoprire l’evoluzione del manto blu, tra burrasche e imprese eroiche, in tempi di guerre o di amori travolgenti. Le rocce, levigate nei secoli dal movimento di eserciti, da sempre conoscitrici dei segreti del mare e appoggio per le creature in difficoltà; offrirono dimora anche a noi, noi brutti, tra le loro braccia accoglienti poiché anch’esse prima di noi deformi e orfane.
Crescendo abbiamo accettato il nostro status di forme incompiute, senza occhi, né parola, diventando preziosi nell’essenza e nei sensi di chi assapora il nostro essere appoggiandosi sul nostro guscio e lasciandosi inebriare da quel profumo donato dal mare e da quell‘habitat e che riporta all’infinito, a liberi pensieri e alla scoperta del respiro più intimo dell’anima.
Non capiamo se è il brutto che ci nutre, quello creato dall’uomo o scartato dalla natura, per noi ogni cosa diventa opportunità, siamo diventati i sensi del positivo che tra gli elementi trova sempre una strada, capace di far crescere anche una perla rara. Sublime scoglio, amorevole mare, vi siete presi cura di noi, donati e abbandonati nella buona e nella cattiva sorte, preda e mai predatori. In quelle notti buie abbiamo imparato il coraggio dell’ignoto, la conoscenza dei nostri limiti e la comprensione del nostro vero essere; mentre il chiarore del sole ci ha aiutato a non nasconderci mai, per seguire il nostro destino ed essere sale per chi ricerca il piacere.
Ammettiamolo, ci piaceva farci chiamare la “Compagnia dei Brutti”, i brutti di mare! Sorridendo pensavamo che ne avevamo passate troppe per credere ad un mondo d’apparenza.

Quanta strada nei miei sandali

Pare che siate molto impressionati da tutta la storia delle ruote che girano su se stesse. Ci organizzate corse, urlate, qualcuno di voi ci perde anche qualcosa di più della semplice reputazione. Mi sembrava necessario partecipare a questo circo dell’adrenalina per capirvi meglio, per essere per una volta qualcosa che non si pesca, gratta, strappa, apre, mangia. Qualcosa di umile, al servizio di altri muscoli. Avevo ragione, ho imparato molto fra una curva e l’altra.
Cose che rischiereste di trovare banali, se mi fermassi solo un attimo per raccontarvele, perché faticate ormai a distinguere il verde smeraldino delle salite da quello grave delle discese.
Non ho tempo di spiegarvi, devo già sfrecciare via.
Al prossimo giro, forse.

Una rosa non è una rosa

Decidere di dimenticare come si affonda. Dimenticare il colore della sabbia, la sua consistenza lasciva. Dimenticare come abbandonarsi alle correnti profonde, quelle cariche dei profumi spessi della alghe. Non è stato difficile arrivare al punto di non ritorno, quello oltre il quale l’eco delle sirene si è dissolto mentre lasciavo dietro di me tutto quello che conoscevo ormai troppo bene. Ho aspettato una delle infinite repliche delle carene tozze che gettano la loro ombra sul fondale, ho approfittato della sua traiettoria per arrivare altrove. Non ho avuto paura, mi sono detta che abbiamo già sfidato i tempi dell’evoluzione, siamo già state altro: strumenti musicali, contenitori, regali. Armi, per qualche tribù lontana. Ho deciso che la mia nuova vita sarà in rosa, per avere il posto d’onore nei saloni brillanti dove ogni sera si stappa Champagne. E chiunque si avvicinerà alla mia corolla, sentirà il rombo del mare in tempesta



Cambiamenti

Volevi che cambiassi, che smettessi di ridere a mezza bocca. Dicevi che era troppo facile accettare questo destino di acqua e sale senza mai ribellarsi. Dicevi “Crea lo scompiglio! Prendi quello che ti spetta!“ mentre ti attaccavi ancora più saldamente alla stessa roccia che ti ha visto nascere. Allora l’ho fatto, ho cominciato a salire. So che non te l’aspettavi, perché ti ho visto per la prima volta accogliere la marea con rassegnazione. Dopo un’ascesa chilometrica, sono arrivata nel punto esatto dove l’ossigeno scompare. E da quassù, per la prima volta, ti ho visto per quello che sei.


Lo sguardo di un pesce è uno sguardo d’acqua. Non ci guarda, non lo sentiamo posarsi su di noi. E’ acqua e vetro.
Forse per quello lo sentiamo così distante da noi e lo uccidiamo senza rimorsi.
Eppure un pesce ha un’anima, e anche lui una volta si è innamorato al chiarore della luna e ha sognato dentro le profondità del mare.
Fabrizio Caramagna

Lo sguardo di un pesce...

...è uno sguardo d’acqua. Non ci guarda, non lo sentiamo posarsi su di noi. E’ acqua e vetro.
Forse per quello lo sentiamo così distante da noi e lo uccidiamo senza rimorsi.
Eppure un pesce ha un’anima, e anche lui una volta si è innamorato al chiarore della luna e ha sognato dentro le profondità del mare.
(Fabrizio Caramagna)